Cyberbullismo: come difendere i minori dai pericoli del web.

Cos’è il Cyberbullismo

Quando si parla di cyberbullismo, genericamente si fa riferimento ad atti aggressivi e denigratori compiuti tramite strumenti informatici, che hanno come obiettivo i minori di 18 anni (quando sono coinvolti gli adulti, infatti, si parla di cyberharassment).

Il Regolamento Comunitario sulla Protezione dei Dati Personali, meglio noto come GDPR 679/16, ha permesso l’accesso alla società dell’informazione (es. social network) ai minori fino a 16 anni, consentendo agli Stati Membri di ridurre ulteriormente tale limite.

L’Italia, nel recepire i dettami del Regolamento, con il D. Lgs. 101/18 ha abbassato la soglia a 14 anni.

E’ consentito, pertanto, ad un minore, dal 14° anno di età, esprimere validamente il consenso per i servizi della società di informazione, senza l’obbligo della partecipazione del genitore.

Questa previsione espone il minore ai pericoli celati dietro l’uso del web e, in particolare, degli strumenti social.

È necessario, pertanto, dare uno sguardo alle previsioni normative ed alle armi di difesa che abbiamo a disposizione per proteggere i dati dei nostri figli.

Cosa prevede la Legge

L’azione che va sotto il nome di cyberbullismo viene definita dall’art. 1 comma 2 della legge 71/17 come “forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identita’, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonche’ la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o piu’ componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.”

La definizione evidenzia un elemento oggettivo del cyberbullismo piuttosto significativo: viene meno la caratteristica della “fisicità”.

L’attacco avviene nel mondo virtuale, potenzialmente senza limiti territoriali, senza limiti di accessi e con la partecipazione attiva e passiva di soggetti che potrebbero celarsi dietro l’anonimato o pseudonimi.

Le conseguenze spesso sono devastanti, considerando che la memoria del web è pressoché infinita.

La prevenzione

È necessario innanzitutto effettuare una valida azione di prevenzione, in famiglia, nelle scuole, nei luoghi di aggregazione dei minori (scuole sportive, luoghi di ricreazione, ecc.), controllare le attività sul web dei propri figli e prestare particolare attenzione ad eventuali cambiamenti caratteriali degli stessi (nervosismo, reazioni di rabbia, chiusura, silenzi, ecc.).

Il Garante per la protezione dei dati personali Antonello Soro, ha avuto modo di precisare che “possiamo parlare della maggiore o minore efficacia degli strumenti, della lentezza dei giudici o degli organi di controllo, però bisogna anche essere onesti: la tutela di una persona che finisce in un meccanismo del genere è praticamente impossibile”, questa affermazione evidenzia la fondamentale importanza della prevenzione in tema di “bullismo digitale”.

Cosa fare se si verifica un caso di cyberbulismo?
Davanti ad ipotesi di cyberbullismo è necessario agire con i mezzi messi a disposizione del Legislatore, a partire dalla L. 71/2017, che prevede il potere per la vittima di ottenere l’oscuramento, la cancellazione, il blocco dei contenuti che lo riguardano (foto, articoli, post, commenti, ecc.).

La vittima di cyberbullismo deve inviare richiesta di cancellazione al Titolare del trattamento (gestore del sito internet, proprietario della pagina o del social network) che deve adempiere senza ingiustificato ritardo.

Contestualmente è consigliabile esercitare il diritto all’oblio, inoltrando ai motori di ricerca richiesta di rimozione delle pagine web incriminate dai suoi risultati di ricerca.

Se si tratta di minore di 14 anni, la richiesta deve essere inviata da chi esercita la potestà genitoriale.

Cosa fare se non si riceve riscontro dal Titolare del trattamento?

In caso di mancato riscontro dal parte del Titolare del trattamento, la vittima può effettuare una segnalazione/denuncia alla Polizia Postale e/o inoltrare richiesta all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, utilizzando il modello messo a disposizione alla pagina https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/6732688

Il Garante dovrà rispondere entro 48h, comunicando l’obbligo della cancellazione del contenuto e comminando le sanzioni previste dal GDPR.

Come si evince dalla velocità di risposta e dalla severità delle sanzioni, l’Autorità ha manifestato un’attenzione particolare sul problema, proprio in virtù dei pericoli nascosti dietro un’azione che iniziando per “gioco” può causare danni rilevanti, fino ad arrivare, nei casi estremi ma non così rari, al suicidio della vittima.

A tal proposito è doveroso dire che l’attività del Garante per la Protezione dei Dati in materia di cyberbullismo è da molti anni fervente e produttiva, il problema talvolta è semplicemente la mancanza di consapevolezza che investe vittime e carnefici, complice la sensazione diffusa che il web sia un territorio neutro in cui non è possibile applicare la Legge.

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